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Finta colonna
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Finta colonna
di separazione dei
riquadri a grottesche |
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![](http://www.canino.info/inserti/monografie/i_farnese/palazzo_gradoli/affreschi/affreschi_07_small.jpg) ![](http://www.canino.info/inserti/monografie/i_farnese/palazzo_gradoli/affreschi/affreschi_07.jpg)
Riquadro a
grottesche incorniciato con greca |
![](http://www.canino.info/inserti/monografie/i_farnese/palazzo_gradoli/affreschi/affreschi_09_small.jpg) ![](http://www.canino.info/inserti/monografie/i_farnese/palazzo_gradoli/affreschi/affreschi_09.jpg)
Grottesca con
volto e giglio Farnese |
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Candelabra |
![](http://www.canino.info/inserti/monografie/i_farnese/palazzo_gradoli/affreschi/affreschi_12_small.jpg) ![](http://www.canino.info/inserti/monografie/i_farnese/palazzo_gradoli/affreschi/affreschi_12.jpg)
Riquadro con
grottesche |
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![](http://www.canino.info/inserti/monografie/i_farnese/palazzo_gradoli/affreschi/affreschi_11_small.jpg) ![](http://www.canino.info/inserti/monografie/i_farnese/palazzo_gradoli/affreschi/affreschi_11.jpg)
Particolare di
candelabra |
![](http://www.canino.info/inserti/monografie/i_farnese/palazzo_gradoli/affreschi/affreschi_13_small.jpg) ![](http://www.canino.info/inserti/monografie/i_farnese/palazzo_gradoli/affreschi/affreschi_13.jpg)
Particolare del
fregio
a grottesche |
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Riteniamo
comunque alquanto improbabile una simile
attribuzione, e per vari motivi:
anzitutto tale paternità non risulta
dalle fonti e poi i due artisti, allora
richiestissimi, erano più che occupati
a decorare i palazzi romani. Non
dobbiamo poi dimenticare la natura
"feriale" del palazzo: ben difficilmente
il card. Alessandro, che tra l'altro era
contemporaneamente impegnato
nell'immensa fabbrica del Palazzo
Farnese di Roma, avrebbe potuto
disporre di tali personalità per la sua
casa delle vacanze. Si tratta, con ogni
evidenza, di affreschi realizzati da
artisti di bottega: ma che bottega!
stiamo infatti parlando della bottega di
Raffaello, specializzata in simili
decorazioni e dalla quale pure
provenivano Giovanni da Udine e Perin
del Vaga. Un ulteriore carattere della
pittura a grottesche, che potrebbe aver
spinto il card. Alessandro Farnese a
preferirla, riguarda la sua relativa
facilità e rapidità di esecuzione, e la
sua economicità. In effetti la
decorazione a grottesche, in virtù della
ripetitività dei motivi pittorici
utilizzati e della perfetta simmetria
delle figurazioni che dà luogo a
composizioni pressochè speculari, ben si
presta ad affrescare, con bell'impatto
visivo, ambienti vasti e pareti dalle
ampie superficie. Non a caso veniva
prevalentemente eseguita da allievi o
aiuti di bottega. Come avvenne con ogni
probabilità anche a Gradoli. Ma veniamo
ai singoli ambienti.
Il Salone Ducale, al
quale si accede direttamente dalla scala
nobile, è interamente affrescato con un
fregio pittorico che percorre tutte le
sue quattro pareti. Immediatamente
al di sotto del pregevole soffitto
ligneo troviamo - in scomparti
delimitati dalle travi del medesimo- una
fascia di altezza analoga allo spessore
delle travi, affrescata con gigli
stilizzati di un colore violaceo. Al di
sotto di questa una ulteriore fascia -
alta circa il doppio rispetto alla
precedente e di colore più chiaro-
simula, con gradevole effetto
trompe-l'oeil, la presenza di una
rifinitura in stucco. Il finto rilievo
riproduce, al centro, una rosa in
corrispondenza di ogni giglio: si tratta
evidentemente di una allusione al
matrimonio tra Pier Luigi Farnese e
Girolama Orsini e quindi all'unione tra
il giglio farnesiano e la rosa ursinea.
Subito dopo è disteso il notevole fregio
monocromo, alto circa un metro, che
enfatizza e delimita la parte alta della
decorazione. Vi sono raffigurati, in
varie tonalità di grigio su fondo
turchino, amorini dai capelli
svolazzanti che carezzano la bocca di
liocorni rampanti che emergono, a mò di
pistillo, da enormi corolle di fiori
giganti; in mezzo ai putti alati trovano
posto mascheroni sormontati da bucrani
(teschi di bue): il tutto guarnito da un
tripudio di acanti. O Ancora:
busti di donna che
poggiano su una conchiglia e i cui arti
si sviluppano in volute di acanto che
avvolgono grifoni dalle ali erette e che
affondano il lunghissimo collo in steli
di fiori dalla cui corolla sbucano
cavallini (o gazzelle?).
Il fregio inferiore, alto
circa due metri, si sviluppa in un'ampia
fascia che risulta divisa dal fregio
superiore da un finto architrave,
rifinito con tratti che simulano rilievi
di stucco. La parete appare suddivisa in
grandi riquadri incorniciati da greche e
delimitati da finte colonne che sembrano
sorreggere, con bell'effetto
prospettico, il falso architrave su cui
poggia il fregio monocromo. All'interno
dei riquadri, esaltati dalle vivaci
cornici in cui il rosso si abbina con
l'oro, una sorta di grande candelabra
sviluppa i suoi bracci in ampi e ariosi
girali di acanto. Sui rami e sulle
foglie, in etereo equilibrio, tutto il
fantasioso repertorio tipico delle
grottesche fa bella mostra di sé: sfingi
e grifoni, pesci e conchiglie, bucrani e
serpenti, levrieri e ogni sorta di
uccelli e animali fantastici. Nel
riquadro meglio conservato la candelabra
poggia su zampe di capro e ha come
centro di irradiazione un viso femminile
florido e quasi ammiccante, al di sopra
del quale svetta stilizzato un giglio
farnesiano. Altri volti arricchiscono il
fregio: visti frontalmente o più spesso
di profilo, con i capelli scompigliati
dal vento e le espressioni alterate.
La datazione degli
affreschi è pressoché sicura: il palazzo
fu edificato negli anni che vanno dal
1515 al 1521, anno in cui la costruzione
risultava terminata. L'edificio fu però
effettivamente abitato solo a partire
dal 1524: gli affreschi furono quindi
realizzati nell'arco di tempo che va dal
1521 al 1524. Sappiamo anche che
problemi di staticità evidenziati quasi
subito dalla costruzione costrinsero il
Sangallo a rimetterci le mani già
qualche anno dopo la fine dei lavori. Il
palazzo fu così dotato di adeguati
rinforzi sotto forma di contrafforti
posti su tre angoli dell'edificio (come
già ricordato nell'articolo relativo
alla storia del palazzo). Nel giro di un
decennio, e quindi intorno al 1534, il
palazzo assunse così il suo aspetto e la
sua struttura definitivi, che ancora
oggi possiamo ammirare.Nella sala centrale del
piano nobile, che convenzionalmente abbiamo definito "salotto"
come pure faremo per la corrispondente sala del secondo
piano, troviamo, come nel Salone Ducale, una fascia
pittorica che corre immediatamente al di sotto del soffitto,
per un'altezza di circa due metri. Una analoga rifinitura
chiara che simula finti rilievi di stucco delimita, in alto
e in basso, il fregio monocromo a grottesche, anche in
questo caso realizzato in gradazioni di grigio su fondo
turchino. La sala è attualmente adibita, come abbiamo già
ricordato, ad uffici di segreteria comunale.
Il fregio affrescato, unica decorazione pittorica superstite in tutta la
sala, appare alquanto deteriorato; come se il restauro, che
ha interessato tutti i cicli pittorici del palazzo, non
avesse ripulito a fondo la superficie affrescata,
lasciandola per così dire "offuscata". Nondimeno il
fregio risulta di grande interesse e tutti i suoi elementi
appaiono chiaramente visibili.
La decorazione del fregio monocromo del salotto appare più
articolata e complessa rispetto a quello del Salone Ducale
ed è caratterizzata dalla presenza, assolutamente prevalente
rispetto ad altri motivi pittorici, di uomini e donne
indaffarati in curiose e non sempre evidenti operazioni,
avvolti o arrampicati sui girali di acanto che costituiscono
il trait-d'union di tutte le composizioni del piano nobile.
Si possono anche ammirare putti, amorini e due figure
femminili, una alata, assise su un trono, nell'atto di
compiere gesti solenni.
Gli ometti, raffigurati per lo più nudi o con una sorta di
tunica che all'altezza del busto assume l'aspetto di una
corazza; e le donnine, che indossano una specie di peplo o
altro abbigliamento di foggia classica, prendono
sottobraccio i girali, vi si arrampicano sopra, si porgono
non ben definiti oggetti, suonano lunghi strumenti musicali
a fiato.
Questa particolare scelta iconografica ha fatto pensare che i personaggi
e gli eventi ritratti non abbiano una funzione meramente
decorativa ma assumano un valore di tipo allegorico. La
donna alata con corona di foglie (alloro?) sulla testa e
l'indice destro alzato con fare ammonitorio è stata così
interpretata come la Gloria; la figura femminile seduta su
un trono e che stringe nelle mani un libro e uno specchio
potrebbe a sua volta essere identificata con la Prudenza o
la Sapienza. Le due figure considerate nel loro insieme, con
le varie figure di contorno, potrebbero rappresentare una
allegoria della contrapposizione tra gioventù e vecchiezza,
tra Gloria e Sapienza.
Queste interpretazioni, invero avvincenti, sembrano però
contrastare con il fine ultimo delle decorazioni a
grottesche che, almeno in ambiente romano, è essenzialmente
quello di stupire, provocar meraviglia con la ricchezza di
variopinti e capricciosi motivi pittorici. Non può comunque
essere escluso, talora, un concomitante fine simbolico:
basti pensare ai numerosi liocorni, simbolo farnesiano per
eccellenza, che adornano il fregio monocromo del Salone
Ducale. |