di Giacomo Mazzuoli

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Veio




 

 

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Il traforo di Ponte Sodo. E' una delle grandi opere di idraulica degli Etruschi. Si tratta di un buco nella roccia di 70 m circa, scavato nell'ambito di lavori di bonifica ed irrigazione della campagna veiente. Vi si incanalava un braccio del fiume Cremera. Sulla volta erano praticati pozzi che consentivano di attingere acqua dall'alto.
Il traforo di Ponte Sodo. E' una delle grandi opere di idraulica degli Etruschi. Si tratta di un buco nella roccia di 70 m circa, scavato nell'ambito di lavori di bonifica ed irrigazione della campagna veiente. Vi si incanalava un braccio del fiume Cremera. Sulla volta erano praticati pozzi che consentivano di attingere acqua dall'alto.

  Veio ebbe una sua fiorente fase di vita soprattutto in epoca Orientalizzante e arcaica (VII-V secolo a.C.), sino alla distruzione ad opera dei Romani nel 396 a.C. Di nessun'altra città etrusca possediamo così tante notizie letterarie, anche se esse si riferiscono quasi esclusivamente agli eventi bellici del V secolo a.C. Veio era in origine governata da re: Morrio (che discendeva da Halesos, il presunto fondatore di Falerii, città spesso alleata di Veio) e Properzio sono quelli conosciuti. Secondo le fonti Veio sarebbe stata in lotta con Roma già dai tempi di Romolo, combattendo contro di essa ben quattordici guerre, con Falerii, Fidene e Capena come alleati principali. 
  I Fasti di Roma ricordano un trionfo sui Veienti (e i Tarquiniesi) del primo console Publio Valerio Publicola, nel 509 a.C. e un altro sui Veienti del suo figlio omonimo nel 475.
 



 



L'Apollo di Veio, la spendida scultura che coronava il Tempio del Portonaccio a Veio, probabile opera dello scultore etrusco Vulca.

  È significativo anche il ricordo della sconfitta subita dalla potente gens romana dei Fabii, nel 479 a.C. presso il fiume Cremera, nel corso di una sorta di guerra privata contro Veio. Nel 437, durante una battaglia, lo stesso re di Veio Larth Tulumnes fu ucciso dal tribuno militare romano Aulo Cornelio Cosso. Riaccesesi le ostilità, nel 426 a.C. Veio chiese l'aiuto delle altre città etrusche, senza ottenerlo e potendo contare sull'appoggio dei soli alleati tradizionali (Falerii, Fidene, Capena).
  Secondo la tradizione annalistica, nel 406 a.C. i Romani cominciarono un assedio decennale che culminò nel 396 con la caduta e il totale saccheggio della città di Veio. Dopo la distruzione l'altopiano di Veio non fu completamente abbandonato, ma venne ripopolato, anche se ormai il centro aveva perso ogni importanza. La conquista di Veio fu per Roma il primo importante trionfo su un grande centro avversario e le apriva significativamente la strada verso l'Etruria meridionale.
  Se Veio costituisce il centro etrusco più prossimo a Roma, la sua contiguità con le genti di lingua latina e falisca ne ha inevitabilmente designato la vocazione culturale essendo incuneato in un comprensorio marcato dal percorso fluviale del Tevere che poneva naturalmente in comunicazione reciproca etnie e popoli diversi.
  La relazione con le più importanti metropoli dell'Etruria meridionale e, in particolare, con Roma sono esemplificate nell'episodio di Vulca, grande scultore e coroplasta veiente attivo sul finire del VI secolo a.C. chiamato a Roma per plasmare la divina quadriga destinata a ornare il tempio di Giove Capitolino. Egli è l'unico artista etrusco del quale si conosca il nome, celebrato per il suo magistero artistico anche dalle fonti storico-letterarie.
 
 

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