IL PALAZZO GIUSTINIANI - ODESCALCHI

DI BASSANO ROMANO

 

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La famiglia Giustiniani
La famiglia degli Anguillara

               

Pianta del complesso palazzo-parco

Pianta del complesso palazzo-parco (clicca per ingrandire)

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di Giacomo Mazzuoli

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Il palazzo Giustiniani-Odescalchi. Facciata su Piazza Umberto I

  La loggia La sala dei Cesari detta anche Sala Grande
La loggia La sala dei Cesari detta anche Sala Grande
  Particolare del giardino

Particolare del giardino

  Il Casino di Caccia detto anche Rocca

Il Casino di Caccia detto anche Rocca

Il Palazzo Giustiniani-Odescalchi di Bassano Romano è uno dei grandi patrimoni artistici della Tuscia che attende ancora la sua giusta valorizzazione. Ceduto allo Stato italiano dalla famiglia Odescalchi di Bracciano nel 2003, è attualmente chiuso al pubblico e in attesa di lavori di restauro che lo possano rendere finalmente fruibile.

Nel medioevo era un classico maniero feudale la cui titolarità non è certa. Tra al fine del XV e l’inizio del XVI secolo la proprietà dell’edificio passò agli Anguillara, potente famiglia dell’epoca, i quali operarono delle sostanziali modifiche all’architettura della fortezza che diventò una tipica residenza Rinascimentale. In questo periodo venne affrescata la Loggia e alcune stanze del piano Nobile. Nel 1595 Giuseppe Giustiniani acquistò il feudo di Bassano e apportò all’edificio modifiche ancora più radicali che gli fecero assumere, insieme al Parco, l’aspetto attuale.
Il Palazzo occupa un'area di forma rettangolare di metri 50 x 35 circa. La sua pianta, rivolta verso il parco, dimostra chiaramente l'intendimento di porre l'edificio in relazione diretta con il giardino e il Parco, in fondo al quale si trova la cosiddetta Rocca (oggi in stato di avanzato degrado), un bellissimo edificio fatto realizzare dai Giustiniani che rappresenta la conclusione prospettica del giardino visto dal Palazzo. Sembra che in origine la Rocca fosse dotata di cinque torri merlate, così da riprodurre l'insegna araldica della famiglia.
A differenza delle grandi residenze rinascimentali che dominano i centri abitati di cui fanno parte, basti pensare al Palazzo Farnese di Caprarola o a Villa Lante di Bagnaia, il Palazzo di Bassano presenta un accesso defilato, quasi nascosto. Per arrivare alla piazza dove si affaccia il suo ingresso, bisogna infatti lasciare la via principale del paese e percorrere un sottopassaggio ricavato addirittura al livello del piano seminterrato dell’edificio.
Il portale d'accesso sull’attuale piazza Umberto I, in pietra locale, è fiancheggiato da quattro enormi busti in peperino che sostengono quattro teste marmoree risalenti all'epoca degli Antonini (II secolo d.C.).
Entrando si arriva al cortile dove sono ancora visibili i resti di affreschi monocromi con scene di trionfi, allegorie, emblemi e fregi realizzati con molta probabilità da Antonio Tempesta.

Salendo per un elegante scalone si raggiunge il loggiato, le cui volte presentano raffinate grottesche affrescate verso il 1570-1580 e integrate con altri soggetti nel decennio successivo all’acquisizione dei Giustiniani. Dal loggiato si può accedere al giardino tramite il ponte che attraversa via Roma oppure alle camere del piano nobile. Le sale sono tutte decorate da pregiati affreschi opera di artisti di grande fama come il Domenichino, Bernardo Castello, Paolo Guidotti, Italo Faldi.
Anche le sale, come la Loggia,  sono state affrescate in più riprese, prima dagli Anguillara (le quattro camere delle Stagioni e il Camerino del Paradiso), poi dai Giustiniani ( grandi sale di rappresentanza).
Una citazione a parte la merita il cortile, che fu affrescato in monocromia da Antonio Tempesta nel 1604 con scene di allegorie e trionfi. Oggi purtroppo, a causa dell’esposizione alle intemperie, gran parte di questi affreschi sono andati perduti.

Dal ponte che si trova a livello del piano nobile e che scavalca via Roma, attraverso due rampe a tenaglia che contornano una grotta-ninfeo, si ha accesso al giardino all'italiana. Le rampe erano dotate in origine da una serie di fontanelle e, a lato della siepe, erano presenti alberi da frutto. Un lungo viale rettilineo conduce alla Rocca. A lato del viale si susseguivano una serie di aperture nella vegetazione come piazze, di varie forme geometriche, collegate da viali secondari e delimitate da siepi.

Nel 1605, Vincenzo Giustiniani, figlio di Giuseppe lavorò alacremente anche sul parco e sui giardini, per rendere al sua residenza all’altezza delle migliori ville rinascimentali. Egli aveva visitato i grandi giardini in Italia e in Europa e aveva osservato che si tendeva a conquistare spazi sempre più ampi, includendo brani di bosco e privilegiando i lunghi viali e le piantagioni di alberi, in special modo le specie sempreverdi. Voleva nel suo giardino anche viali, nei quali si potesse passeggiare durante l'estate, come quelli che aveva visto in Francia e inoltre "…merangoli, cedri, limoni ed altre piante simili e nobili".

Il patrimonio arboreo di questo parco è, ancora oggi, notevole: lecci plurisecolari, abeti altissimi, cipressi e molti abeti rossi. Quest'ultimi furono piantati dalla principessa polacca Sofia Braniska che sposò nel 1841 Livio II Odescalchi. La principessa, che portava con sè una ricca dote e prediligeva la residenza di Bassano,  apportò parecchie migliorie sia nel palazzo che nel giardino.

Una interessante peculiarità si trova al piano terra: un piccolo ma elegante teatro in legno, realizzato alla fine del XVII secolo. Sempre a piano terra si trovano tre stanze con la volta affrescata.

I Giustiniani ebbero possesso del feudo di Bassano e del palazzo fino al 1854, quando, per notevoli difficoltà economiche, lo cedettero a Livio Odescalchi. Gli Odescalchi tennero in dovuta considerazione la residenza bassanese fino alla metà del secolo XX poi iniziarono a disinteressarsi lasciando il palazzo e il parco in un desolante abbandono.

Volta affrescata della Galleria

 

Associazione Canino Info Onlus 2011

Le immagini e i disegni di questo servizio sono tratte dal libro: La villa di Vincenzo Giustiniani a Bassano Romano, dalla Storia al Restauro a cura di Agostino Bureca Gangemi Editore

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