di Giuseppe Moscatelli

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Oh quanti bei blasoni…

   Quando un osservatore attento e sensibile al valore non solo estetico o decorativo ma anche storico e allegorico delle emergenze artistiche (siano esse affreschi, stucchi o fregi architettonici), entra per la prima volta nel salone nobile della Rocca di Carbognano è quasi frastornato dalla fitta rete dei simboli che intorno a lui si dipana.
   Aquile, gigli, scudi, alberi, piante, uccelli, frutta, animali, fiori, liocorni, nastri, festoni, cornucopie, maschere e tutto ciò che il rinascimento ha creato o preso in prestito dal medioevo quanto ad apparati simbolici vi è, in gran quantità, raffigurato. 
Questo ambiente viene perlopiù indicato nei (pochi) studi che se ne occupano come "salone dei cacciatori": ma ciò è frutto di un equivoco, dovuto alla cospicua presenza, come si è detto, di uccelli ed altri animali nelle raffigurazioni pittoriche. Per le sue dimensioni, per il particolare impianto architettonico così come per la sua collocazione strutturale, siamo invece in presenza di un vero e proprio salone di rappresentanza: il più grande e notevole di tutto il castello. Qui si ricevevano gli ospiti, qui si organizzavano i pranzi, qui si celebrava, affrescata nelle pareti e sulla volta, la straordinaria vicenda familiare di una donna che poteva ben vantare l'appartenenza a quattro tra i più nobili casati del suo tempo: i Farnese, per discendenza paterna; i Caetani per discendenza materna; gli Orsini, per matrimonio oltreché per discendenza della nonna materna; i Della Rovere, per l'insorgere del rapporto di affinità in seguito al matrimonio della figlia Laura. 
Animali ed uccelli del resto, anche a prescindere dal loro valore allegorico che invece - come vedremo - è assai rilevante, non sono che alcuni degli elementi della decorazione "a grottesche" utilizzata per affrescare vele, spicchi e lunette del salone.
   Questo particolare genere pittorico deve il suo nome alle "grotte" di Nerone, vale a dire gli ambienti sotterranei della "Domus Aurea", i cui caratteristici affreschi furono riscoperti e imitati dagli artisti rinascimentali. Nelle grottesche un variegato e fantasioso repertorio di piante, fiori e frutta, di animali reali e fantastici, di oggetti, volti, maschere e figure umane si ricompone in modo da realizzare figurazioni armoniose e quasi caleidoscopiche. Per restare nel nostro territorio, ed in ambito farnesiano, ne troviamo esempi suggestivi nel Palazzo Farnese di Gradoli (su commissione del card. Alessandro Farnese sr.) e in quello di Caprarola (su iniziativa del card. Alessandro Farnese jr.). 
   La datazione degli affreschi della Rocca non è pacifica: fermo restando un arco cronologico che va dal 1506 al 1524, e che corrisponde alla permanenza di Giulia a Carbognano, vi è chi ne anticipa la realizzazione agli anni immediatamente successivi alla venuta di Giulia e chi, realisticamente, la colloca più avanti nel tempo, a cavallo degli anni venti. Questa seconda ipotesi ci sembra preferibile, e non solo per considerazioni di carattere stilistico. 
Un dato, infatti, emerge con nettezza dai cicli pittorici: la assoluta mancanza di qualsiasi riferimento araldico al secondo marito di Giulia: quel Giovanni Maria Capece Bozzuto che fu con lei a Carbognano dal 1509, anno delle nozze, al 1517, anno in cui Giulia rimase nuovamente vedova. 
   Lo stemma dei Capece, nobile casato di origine napoletana, raffigurava tre conchiglie dorate poste in linea diagonale su una banda blu. Ma di tale blasone, pur nella messe di stemmi ed altre simbologie araldiche che affollano le sale della Rocca, non vi è traccia Carbognano. 
Ciò porterebbe a presumere che gli affreschi siano stati realizzati dopo la morte del Bozzuto: ben difficilmente, riteniamo, questi avrebbe potuto accettare di essere così poco riguardosamente estromesso dalla storia dinastica di sua moglie, come se il loro matrimonio fosse stato una sorta di semplice parentesi. 
Si potrebbe invero prospettare una ulteriore ipotesi, e cioè che le stanze del castello siano state affrescate in epoche diverse: entro il 1508, e quindi prima del secondo matrimonio, il salone nobile; dieci anni più tardi, ovvero a far data dal 1518, la camera di Giulia. Ciò consentirebbe di ovviare all'obiezione che abbiamo sollevato circa la mancanza di riferimenti al Capece, giustificata dal fatto che all'epoca della decorazione del salone le nozze dovevano ancora essere celebrate. 
Non solo: anche l'atteggiamento psicologico di Giulia, ispiratrice e patrona dei lavori, ci appare disuguale. Nel salone vi è infatti la celebrazione, con toni talora enfatici, dell'orgoglio dinastico; l'esaltazione delle magnifiche sorti del casato. Giulia, da poco giunta a Carbognano, si sente come l'anello forte di una catena: fiera di esser parte di una storia che ha contribuito a determinare. 
Ma poi gli anni sono passati, le illusioni svanite: Giulia non più giovane, forse non più bella, di nuovo sola e vedova, sente il bisogno di guardare in fondo al suo animo; di analizzare con spietata onestà e cruda franchezza le vicende della sua vita. 
Sente il bisogno di giudicarsi. E si assolve. 
   Questo ci sembra che esprimano gli affreschi della camera. Anche gli esecutori delle opere, gli artisti chiamati da Giulia a dar forma e colore ai propri moti interiori, potrebbero essere diversi: il pittore che ha decorato il salone, pur tecnicamente dotato, non rivela doti particolari di vivacità espressiva; maturità e sensibilità artistica, cultura e spiccate qualità di espressività pittorica caratterizzano invece l'artista che ha affrescato la camera.

 

Il Giglio, la Rosa, l'Albero e l'Aquila


   Ma veniamo ad analizzare, nello specifico, i cicli decorativi.
Nel soffitto del salone possiamo ammirare due grandi stemmi di forma circolare e, in mezzo a questi, uno molto più piccolo di tipo ovale. Quest'ultimo è il tradizionale scudo Farnese con sei gigli blu in campo oro: è racchiuso in una corona di elementi vegetali da cui si dipartono nastri svolazzanti. 
Gli altri due stemmi, di notevoli dimensioni e di grande impatto visivo, sono tra loro assai simili e in bel risalto per la loro posizione simmetrica. Si stagliano sul fondo chiaro del soffitto e sono incorniciati da un fregio rettangolare che delimita l'area loro riservata. Il fregio è costituito da una sottile fascia color rosso cupo che si sovrappone e si intreccia con una sorta di reticolato di elementi vegetali.
   Entrambi gli stemmi celebrano l'unione familiare tra i Farnese e i Caetani: vale a dire le nozze tra Pier Luigi Farnese sr. e Giovannella Caetani, i genitori di Giulia. Questo matrimonio segna un momento importante nella storia dei Farnese: li introdusse infatti nell'aristocrazia romana e costituì il primo decisivo passo per la loro ascesa sociale. 
In entrambi troviamo gli stessi elementi. Uno scudo inquartato contiene, alternativamente, i sei gigli blu dei Farnese in campo oro e l'aquila gialla ad ali spiegate (in campo blu) e le bande blu ondate (in campo giallo) dei Caetani. Da un fiocco in cima agli scudi si dipartono due nastri svolazzanti. 
   Ogni scudo è racchiuso in una doppia cornice circolare: il cerchio interno ha il fondo color rosso cupo, tale da far risaltare il blasone, e insieme a quello esterno delimita una corona di foglie e frutta, in cui possiamo distinguere spighe di grano, pere, pomi, uva e melograni. Dal cerchio esterno si dipartono fiocchi e lunghi nastri svolazzanti che proiettano, con effetto trompe-l'oeil, la loro ombra sul fondo chiaro del soffitto. 
Gli stemmi, come si diceva, presentano le medesime caratteristiche.
   Diversa è comunque la forma dello scudo e il volteggio del nastro, più semplici e lineari nel secondo. Diverso è anche l'intreccio della frutta nelle due ghirlande: nel primo stemma gli elementi della composizione sembrano discendere i due semicerchi della corona; nell'altro sembrano risalirli.
   E veniamo agli aspetti più propriamente simbolico-allegorici. La corona sottolinea la dignità acquisita dai casati e la loro accresciuta fama e potenza, anche in virtù delle celebrate nozze. Le spighe, come pure l'uva e i melograni, sono simbolo di fecondità: l'unione dei due casati ha generato una nuova stirpe e porterà numerosa discendenza. I frutti della corona rappresentano i frutti dell'unione: le opere, gli esiti, i risultati e, più in generale, sono indice e auspicio di prosperità. Le corone, in alto e in basso, sono strette da lacci: questo vuol dire che solo con l'unità e la coesione della famiglia si possono raggiungere gli auspicati risultati. I nastri che con levità svolazzano sul soffitto formando fiocchi, nodi e ghirigori indicano il consolidarsi di stretti legami familiari, l'unione non più districabile di vita e destini. 
   Altri stemmi, seppur in collocazione più discreta, si offrono al visitatore: sono tutti affrescati all'interno delle lunette. Chiariamo quindi che al di sotto del reticolato della volta si sviluppa per tutto il perimetro del salone una struttura architettonica composta da vele (in campo rosso), spicchi e lunette (in campo chiaro). 
Ma torniamo agli stemmi. Due si fronteggiano su pareti contrapposte. Il primo è quello del card. Alessandro Farnese sr., fratello di Giulia: si tratta del classico scudo con i sei gigli blu in campo oro nella formazione 3-2-1, con cappello e fiocchi cardinalizi. 
Più interessante e articolato è il secondo stemma, posizionato sopra la finestra in fondo al salone: celebra il matrimonio tra Laura Orsini, figlia di Giulia, e Niccolò della Rovere, nipote di papa Giulio II. Vi sono di conseguenza raffigurati alternativamente, in uno scudo inquartato, l'albero dalle fronde intrecciate simbolo dei Della Rovere (in color giallo su fondo blu cupo) e la rosa di campo su fondo chiaro e le bande diagonali rosse e bianche degli Orsini. 
   Un terzo stemma, invero, si presenta alla nostra attenzione: si tratta ancora di uno scudo di ecclesiastico con i gigli farnesiani; solo che non troviamo, come nel precedente, cappello e fiocchi cardinalizi, ma una mitra vescovile. Non può che riferirsi allo stesso Alessandro Farnese sr., di cui viene celebrata la dignità vescovile. 
Tutta la restante decorazione del salone è costituita da grottesche che riempiono vele e lunette; si insinuano, in forma di candelabra, tra gli spicchi; si elevano e si estendono verso la volta, trovando un limite invalicabile nel sovrastante reticolato. Anche nelle grottesche simboli e allegorie abbondano: il gallo, ovvero la vigilanza e l'accortezza; il falco, simbolo di elevatezza del rango; la cicogna, simbolo dell'amore e della fedeltà coniugale oltreché della pietà filiale; la civetta, simbolo della prudenza; e poi ancora l'airone, simbolo della sapienza; la gru, ovvero protezione e previdenza; l'ibis, simbolo di purificazione in quanto distruttore di serpenti. E ancora cesti di frutta, simbolo di prosperità e abbondanza; draghetti alati, cavallini…
   L'immagine più emblematica, tuttavia, è quasi nascosta ed occorre esser guidati per individuarla. Si tratta del liocorno (o unicorno), animale fantastico e icona farnesiana per eccellenza. Ne troviamo affrescato uno rampante nello strombo della finestra in fondo al salone. Il nostro liocorno, chiuso in un tondo che si staglia su un fondale color rosso scuro, è presso una fonte sulla quale è posizionato un piccolo stemma Farnese: ha le zampe anteriori sollevate, la bocca aperta e i denti digrignati. Sembra quasi voler dire qualcosa, mentre guarda la fontana con espressione, tutto sommato, poco amichevole, per non dire rabbiosa. Cosa vorrà significare? forse una estrema, per quanto sommessa e recondita, ribellione di Giulia al suo prevaricante clan familiare? La nostra curiosità tuttavia non trova soddisfazione, anzi si accentua in gran misura alla lettura dell'enigmatico cartiglio che corona la scena: IN. VE. CHITO. Cosa vorrà dire? qui però, più che da latinisti, è roba da cabala… per cui neanche azzardiamo un tentativo di interpretazione.
Quanto invece al liocorno e alla sua complessa simbologia ne tratteremo diffusamente nel prossimo capitolo.eremo diffusamente nel prossimo capitolo.

 

   
 

Stemma Farnese-Caetani n.1
 
Stemma Farnese-Caetani n.2

Stemma Farnese-Caetani 1, visione d'insieme"center">Stemma Farnese-Caetani 1, visione d'insieme

Stemma Farnese-Caetani 2, visione d'insieme
 
Stemma Farnese-Caetani 2, insieme
 
Volta del Salone nobile, veduta d'insieme
 
Stemma del card. Alessandro Farnese sr
 
Stemma Della Rovere-Orsini
 
Lunetta con stemma del card. Farnese
 
Vista parziale della volta
 
Vele e lunette
 
Spicchio, vela e lunetta
 
Lunette deteriorate e grottesche
 
Lunette d'angolo con grottesche
 
Liocorno alla fonte nel vano finestraenter"> Liocorno alla fonte nel vano finestra