
Fig. 10. Ipotesi ricostruttiva del
porto di Regisvilla ( Associazione subacquea Assopaguro)
La città di Vulci, durante
i “secoli d’oro” della sua storia, era in contatto con tutto il
mondo più evoluto dell’epoca.
Raffinate ceramiche
attiche, preziosi balsamari orientali, splendidi gioielli dalle
forme più inconsuete, ornavano le case e le persone dei ricercati
abitanti della metropoli etrusca.
Di contro, esportava in
tutto il Mediterraneo i suoi tesori: buccheri, bronzi, vino.
Ma come giungevano a Vulci
queste merci? E le mercanzie che di li partivano, come facevano a
raggiungere località distanti anche parecchie centinaia di
chilometri?
Possiamo
certamente dire che i preziosi carichi arrivavano nella florida
città etrusca prevalentemente via mare. E’ assodato che nel mondo
antico era questo il modo migliore per viaggiare e per trasportare
le merci, soprattutto per le lunghe distanze e per i grossi carichi.
Certo, non mancavano le vie di comunicazione terrestri, però le
“strade” di allora erano frammentarie, senza manutenzione e le
rotture dei carri da trasporto erano all’ordine del giorno. Inoltre,
erano infestate da pericolosi briganti.
Allora, come
adesso, le imbarcazioni da carico avevano bisogno di porti in grado
di accoglierle e, all’occorrenza, di ripararle (fig.1 e fig.
2)
In antichità i primi porti
sorsero in prossimità di insenature naturali. In seguito, grazie
all’invenzione della malta idraulica, poterono essere costruiti
anche in zone prive di ripari naturali. Questo particolare tipo di
cemento era in grado di resistere all’azione dell’acqua e fu
utilizzato inizialmente dai greci, ma fu perfezionato poi dai
romani. In virtù di questo, la flotta imperiale romana e le capienti
navi onerarie, conquistarono ogni angolo del Mediterraneo
Ma qual era la situazione
di Vulci?
Lo studio dei porti di
Vulci è molto complesso. A tutt’oggi non sono stati fatti scavi
sistematici volti ad indagare l’ aspetto ”marinaro” della vita di
Vulci, e le cognizioni acquisite fin d’ora sono in gran parte il
riflesso di indagini archeologiche di tipo “terrestre” (fig 4)
La ricerca archeologica delle coste deve
valutare alcuni elementi importanti.
Per prima cosa bisogna
aver ben presente la situazione meteorologica del tratto di costa in
esame.
Gli antichi costruivano i
propri porti tenendo in considerazione i venti prevalenti in modo
tale da porre le principali opere difensive proprio contro questi
venti.
Il settore dal quale
provengono questi venti e quindi i moti più pericolosi del mare, (
il cosiddetto settore di traversia) , a Montalto è il settore
compreso tra gli azimut 147° e 277° (Fig. 5). E’ ovvio che gli antichi, attenti
osservatori della natura, lo sapevano e, nella costruzione di un
approdo nel territorio di Vulci, di certo avrebbero attuato le
misure necessarie per proteggersi dai pericolosi venti di libeccio e
di scirocco, appunto i venti provenienti dal settore di traversia
della costa in esame.
L’altro elemento da tener presente è quello
riguardante le variazioni della linea di costa. Nelle varie epoche,
il Mediterraneo ha subito periodici innalzamenti ed abbassamenti di
livello. Nel VI-V sec. a.C. il livello marino si trovava circa 1,50
mt. al di sotto di quello attuale: la linea di costa era più
avanzata dell’attuale (Fig. 6).
E’ accertato che Vulci
disponeva di due porti.
Il primo, il più antico,
era il porto canale situato alla foce del fiume Fiora.
Il fiume era certamente
navigabile e le merci che vi giungevano potevano essere facilmente
trasportate, tramite chiatte trainate da funi, verso la città di
Vulci. (P.Gianfrotta)
La recente scoperta di
imponenti opere di contenimento in mattoni di tufo adiacenti al
corso antico del Fiora ( presso Ponte rotto), sta ad indicare
che in quel luogo potevano attraccare le chiatte che trasportavano
le merci giunte alla foce del fiume dai più disparati luoghi dell
Mediterraneo.
Alcune importanti fonti
storiche fonti citano il porto Canale . Si tratta dell’
Itinerarium Maritimum Antoninii, e della celebre
Tabula Peuntingeriana.( Fig. 7)
L’altro grande Porto fu quello di Regisvilla
o Regae secondo una più antica denominazione di origine
focese. Questo secondo termine deriverebbe da “Regai” che significa
“scogliera”, ed è situato in prossimità di
Punta delle Morelle, a Montalto Marina. (Fig. 8)
Anche questo approdo è
citato nell’Itinerarium Maritimum, dove viene posto a VI
miglia da Quintiana.
La denominazione di
Regisvilla (la “Città del Re”), citata da Strabone, ha un suo
significato.
Il grande storico e
geografo greco, afferma che a Regisvilla avrebbe regnato Maleos,
il Re dei Pelasgi, che da li poi sarebbe partito alla volta di
Atene.
Pur trattandosi di una
leggenda, questa testimonianza è importante, perché ci indica
dell’importanza e dell’arcaicità del luogo, e ci da un’idea degli
antichi contatti stabiliti con i greci.
Il primo ad occuparsi del porto fu G.M. De
Rossi. Il topografo prese in esame una fotografia aerea della zona,
scattata dalla RAF nel 1943. ( figura 10) Oltre alle tracce visibili
nell’area retrostante la linea di costa, De Rossi notò un’area, a
poca distanza dalla riva, in cui le onde del mare si frangevano,
cosa che avviene ancora oggi. La conclusione più importante fu che
questa zona dovesse essere il molo frangiflutti del porto di Regivilla. Tracciò in seguito una sua ipotesi sulla conformazione
del porto antico. (Figura 11)
G.Colonna, invece, riferisce che il porto fu
attivo fin verso il Medioevo e che tale porto fu rivendicato dal
Comune di Tuscania.
Da successive ricognizioni
effettuate nel territorio limitrofo, reperì materiali relativi al VI
ed al V sec. a. C. ma non materiali più antichi. La struttura,
quindi, avrebbe preso a funzionare dall’ età tardo arcaica, e non in
precedenza.
E. Tortorici, infine,
ipotizzò che Regisvillae poteva assicurare un efficace ridosso ad
imbarcazioni medie e piccole e che il suo scopo era quello di
fornire sosta momentanea. Per le soste più lunghe doveva bastare la
foce del fiume Fiora. Effettuò anche una serie di saggi durante i
quali rilevò una serie di interessanti resti nella parte meridionale
del recinto rilevato dalla foto aerea. Le strutture erano pertinenti
a parti di un quartiere di età tardo-arcaica, forse i magazzini del
Porto. ( Fig. 12)
Questi gli studi finora
svolti nei riguardi dei Porti di Vulci.
L’Associazione
Subacquea Assopaguro di Montalto, ha dal canto suo svolto alcune
ricerche per cercare di portare nuovi elementi alla comprensione del
sistema portuale di Vulci.
In seguito ad alcune ricognizioni preliminari,
sono state rilevate alcune strutture sommerse ad andamento
perpendicolare alla costa e poste a Sud Est della diga frangiflutti.
Tali elementi potrebbero
essere le strutture meridionali del porto di Regae. ( Figg. 13 e 14)
Le strutture, rilevate per
la prima volta dai sub dell’ Assopaguro, sono costituite da
muraglioni alti circa 1 - 1,5 metri costituiti da ciottoli fluviali
fortemente cementati tra loro. La loro altezza è variabile (altezza
media circa 1,5 metri) e la profondità massima alla base è di circa
-4,5 metri.
Sebbene tali strutture
possano anche essere i residui del letto di un antico fiume, è
possibile tuttavia che siano effettivamente delle costruzioni
artificiali. Soltanto analizzando i risultati di un attento
carotaggio potremmo sciogliere il dubbio. La presenza di tracce di
malta idraulica, sarebbe infatti indicativa di un intervento umano.
Quest’ultima ipotesi
confermerebbe la nostra tesi sulla struttura originaria del porto di
Regae.
La sua conformazione
sarebbe quindi simile a quella di altri porti sorti in luoghi del
Mediterraneo con caratteristiche geomorfologiche simili a quelle
delle coste montaltesi.
Un porto costituito quindi
da due moli (settentrionale e meridionale) non raccordabili con la
massicciata frangiflutti, l’unica struttura da sempre visibile. Una
simile disposizione eviterebbe anche l’insabbiamento del porto
stesso. (figura 10)
Concludo auspicando una successiva e definitiva
campagna di scavo sotto l’egida della Soprintendenza e delle
Autorità preposte, data l’importanza del sito, per meglio
comprendere le dinamiche commerciali di una tra le zone
archeologiche più importanti d’Italia.
VITTORIO GRADOLI,
Presidente ASD Assopaguro, Montalto di Castro
Bibliografia
Vittorio Gradoli, in Montalto di
Castro, storia di un territorio, vol 1, Zetacidue Ed., 2007
P.Gianfrotta, in Etruria
meridionale, Quasar ed, 1988
G.M. De Rossi in Quaderni dell’
Istituto di Topografia Antica dell’ Università di Roma, De Luca,
1968
G.Colonna, invece Atti del X
Convegno di Studi Etruschi ed Italici, 1977
E. Tortorici Ricognizione
archeologica- Nuove ricerche nel Lazio, 1981
Giulio Schmiedt Il livello antico
del mar Tirreno, Olschki, 1972
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