
Dioniso trasforma i pirati che
vogliono rapirlo in delfini. Disegno di kylix attica
I pezzi più importanti
dello Staatliche Antikensammlung Museum di Monaco di Baviera
sono due splendide ceramiche attiche.
La prima è una kylix
raffigurante uno dei miti che riguardano Dioniso.
Il vaso raffigura il Dio
del vino che trasforma l’albero dell’imbarcazione in un tralcio di
vite carico di frutti. I pirati che hanno tentato di rapirlo vengono
a loro volta trasformati in delfini.
La seconda è un’altra
kylix nella quale Achille cura una ferita dell’amico Patroclo.
Parimenti, al British
Museum di Londra, un'altra celebre anfora attica raffigura con
dovizia di particolari Ulisse legato all’albero della nave
circondato dalle sirene.(fig 1,2)
Quello che colpisce il
visitatore è la provenienza di questi capolavori dell’arte antica:
Vulci.
Altri pregiati pezzi
provenienti da Vulci sono a Parigi, a Boston, al Museo Gregoriano
etrusco (Musei Vaticani), a Copenhagen, a Leyda, ecc. in cui i
capolavori dell’arte greca appaiono accanto agli altrettanto
pregevoli capolavori dell’arte etrusca.
Questo ci fa capire
dell’importanza che ebbe Vulci nell’ambito della Nazione Etrusca e
di come la Città sia stata al centro di commerci con i luoghi più
importanti ed evoluti del mondo antico.
E’ importante notare che
tali commerci avvenivano prevalentemente via mare.
Il rapporto degli etruschi
col mare è stato strettissimo e di fondamentale importanza per il
loro sviluppo culturale-
E’ risaputo infatti che
il mare è il mezzo più idoneo per la circolazione di idee e modelli
culturali: in altre parole Progresso e Civiltà.
Oltretutto, in antichità,
il mare era il mezzo più rapido per la diffusione di tali idee e
modelli oltreché di merci e di uomini.
Anzi, nel mondo antico,
chi dominava il mare dominava il mondo.
Gli Etruschi lo sapevano,
e fino al 474 a.C. (la data della disfatta della flotta etrusca a
Cuma da parte del tiranno di Siracusa, Gerione), gli Etruschi furono
una delle maggiori potenze del Mediterraneo, dove esercitarono
quella forma di Thalassocrazia ampiamente riconosciuta anche
da popoli coevi storicamente antagonisti, e cioè dai Greci.
Proprio dagli Etruschi,
che i greci chiamavano Tirreni, prese nome il mare che
bagnava i territori di questo popolo, il Mar Tirreno,
appunto.
Sono questi motivi per
i quali diventa assai importante studiare il rapporto che gli
Etruschi- Tirreni ebbero col mare.
Ma il processo di
formazione che ha portato un piccolo gruppo di capanne sparse sul
pianoro di Vulci alla formazione di quella grande realtà urbana in
contatto col mondo è stato lungo e tortuoso.
Per prima cosa è
importante notare che la bassa valle del fiume Fiora, nei pressi di
Vulci, fu intensamente frequentata fin dal Paleolitico inferiore.
Numerosi choppers
e bifacciali appartenenti alla “Pebble culture”
(periodo preacheulano) provenienti da Montauto sono conservati al
Museo di Manciano. Fig.3
Ci troviamo a circa 5 km
in linea d’aria dal sito di Vulci.
Ma la massima
concentrazione di siti abitati nei pressi di Vulci avvenne nei
periodi che vanno dal Neolitico all’Età del Ferro.
Ed è incredibile notare
che queste straordinarie testimonianze archeologiche siano
localizzate nel raggio di pochissimi chilometri dal luogo in cui
sorgerà la Città (fig 4).
In nessun altro
comprensorio etrusco c’è una così elevata concentrazione di siti che
interessano questi periodi storici. Questo può far ipotizzare che
questi aggregati sorti in un periodo così antico abbiano influenzato
il sorgere e lo svilupparsi dei centri abitati sorti in età
storica.(Arch. R. Brunotti, La Valle del fiume Fiora,
Canino Info, 2000)
E’ naturale, quindi, che
in una zona così densamente popolata da millenni dovesse sorgere, in
epoca storica, un centro abitato di primaria importanza.
E’ durante l’Età del Ferro (XI-
VIII sec. a. C. corrispondente al Protovillanoviano ed al
Villanoviano), che avvenne questo processo di stabilizzazione
degli abitanti del territorio.
Si formarono grandi centri
per sinecismo dai villaggi vicini e questi centri abitati
dettero poi origine alle grandi Città etrusche.
E’ opportuno precisare che
si può parlare di continuità culturale tra Villanoviani ed Etruschi.
Si può affermare che il
Villanoviano costituisce la prima fase della Civiltà
etrusca ( cfr.
Pallottino, Etruscologia , Hoepli ed.)
I Villanoviani ebbero
frequenti contatti con le altre Civiltà.
Sardegna ed Etruria
ebbero una serie di intensi rapporti nel periodo che va dal Bronzo
finale al Ferro. In seguito, pur continuando, furono meno intensi.
Figura 5
La ricchezza di ferro di
alcuni territori etruschi assunse un ruolo importante
nell’instaurarsi di questi contatti. Questo aspetto fu
particolarmente evidente nei rapporti che Vetulonia, ma soprattutto
Populonia ebbero con la Sardegna. Questo a causa dell’abbondante
quantità di ferro contenuto nelle rocce di questi luoghi.
Numerose fibule
villanoviane provenienti da queste città sono state trovate in
Sardegna. (fig.6)
Le fibule, facendo parte
degli ornamenti personali, funzionali all’abbigliamento delle genti
del Continente, vengono ritenute segni certi della presenza etrusca
nell’ Isola.(F. Lo Schiavo, in
St. Etr., 1978)
D’altro canto sono molti i
reperti confezionati dai primi sardi, che sono stati ritrovati in
Etruria, a partire dalle famose navicelle votive. Una delle più
belle proviene proprio da Vetulonia. (fig7)
A Vulci, ma soprattutto a
Vetulonia. sono poi state ritrovate delle “Brocchette askoidi”.
Si tratta di brocche
particolari di aspetto panciuto molto comuni in Sardegna, a partire
dall’ XI sec. a. C.
In tutta l’Etruria si
trovano questo tipo di ceramiche, ma solo a Vetulonia ne sono state
trovate più di quaranta.
Alcune, decorate “a
cerchielli” sono quasi indistinguibili tra quelle di fabbricazione
sarda ed etrusca.
Molti Autori hanno
ipotizzato che simili reperti siano la testimonianza certa dello
stretto legame tra Sardi ed Etruschi. (fig
8)
Vulci e la Sardegna
I rapporti tra Vulci e la
Sardegna sono molto antichi.
Ad esempio, a Poggio
Olivastro, nei pressi del Monte di Canino, è stato rilevato un
importante abitato occupato dal Neolitico antico all’inizio del
Bronzo antico. (G.M.Bulgarelli
et alii, 1988), fig 9.
Tra i reperti recuperati
ci sono molti oggetti in ossidiana, una roccia vulcanica
dall’aspetto vetroso assai utilizzata per confezionare utensili di
vario tipo(lame, raschiatoi, ecc.).
E’ da notare che questo
materiale non è presente nella nostra zona.
Anzi sono pochi i luoghi
del Mediterraneo dove essa abbonda.
213 manufatti di
ossidiana recuperati in loco sono stati esaminati dai geologi per
stabilirne la provenienza. Ebbene, soltanto 4 di questi provenivano
dalle Isole Lipari, mentre tutti gli altri originavano dalla
Sardegna, in particolare dalla zona del Monte Arci. (R.H.TYCOT,
Journal of Meditherranean Archaeology, 1996).
Dal Riparo del Ponte
dell’ Abbadia (Eneolitico), provengono dei frammenti di
ceramiche a larghi solchi paralleli, di probabile origine sarda (fig
10, Pennacchioni D’Ercole, Vulci, Rinvenimenti
preistorici di superficie, GAR).
Ma il rinvenimento più
importante è quello fatto nel 1958, all’interno della Necropoli
di Cavalupo, quando fu scoperta la famosa Tomba dei
bronzetti sardi, datata tra l’850 e l’800 a.C.
Si tratta di una tomba
pertinente ad una deposizione femminile di una donna sarda di alto
rango probabilmente sposata con un influente personaggio della
società Villanoviana. (fig 11)
Tra gli elementi del
corredo funerario spicca una magnifica statuetta bronzea di un
personaggio variamente interpretato e custodito al Museo di Villa
Giulia (Guerriero? Capo in atto di saluto?).
Al di la
dell’interpretazione, rimane il fatto che questa importante tomba
testimonia ancora una volta il contatto che Etruschi e Sardi ebbero
nel primo periodo della storia etrusca.
E’ indubbio che tali
scambi reciproci avvenivano via mare.
Ed allora, come navigavano
i nostri progenitori ?
Sembra accertato che la
navigazione degli antichi seguiva rotte prossime alla costa
(navigazione di cabotaggio): per andare da Vulci alla
Sardegna, per esempio, gli Etruschi navigavano verso NW. Una volta
raggiunta l’isola d’Elba, puntavano verso la Corsica e da li
raggiungevano quindi la Sardegna.(fig 12)
Ma per affrontare un
viaggio di questo genere occorrevano navi capaci. E queste navi
dovevano partire e trovare ricovero in porti accoglienti e sicuri.
Ecco allora che lo studio
dei porti antichi è particolarmente importante, ed i Porti di Vulci
offrono, in tal senso, un esempio significativo.
FINE PRIMA PARTE
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