di Giacomo Mazzuoli

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Veio - Il Tempio di Portonaccio




Ricostruzione del tempio di Portonaccio

 

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I resti del tempio di Portonaccio
I resti del tempio di Portonaccio
La Piazza d'Armi vista dall'alto
La Piazza d'Armi vista dall'alto
  Dall'ingresso degli scavi si giunge al santuario percorrendo un breve ma suggestivo tratto di basolato romano immerso nel verde; dalle iscrizioni sappiamo che il complesso templare era dedicato alla dea Minerva, ma è generalmente noto come santuario "di Apollo" per la bellissima statua fittile acroteriale (destinata a decorare il vertice del frontone del tempio) rappresentante il dio, attualmente conservata al Museo Nazionale di Villa Giulia.
Il santuario si componeva del tempio vero e proprio, di una piscina annessa, servita da una serie di cunicoli sotterranei, alcuni dei quali ancora ben visibili, e di una piazza, terminante ad Est in una larga piattaforma quadrangolare.
Cave realizzate in età post-classica nella collina per ottenere materiale da costruzione hanno provocato il collasso dell'area centrale del complesso; le strutture sono state quindi raccolte blocco per blocco dal fondo della cava e restaurate nella forma attuale. Il tempio, su podio rialzato, aveva tre celle o più probabilmente un'unica cella e due alae o colonnati laterali.
 


L'Apollo di Veio

Latona che porta in braccio Apollo
Latona che porta in braccio Apollo

Particolare del tetto del tempio
Particolare del tetto del tempio

Antefissa del tempio
Antefissa del tempio

Frammenti della facciata del tempio
Frammenti della facciata del tempio

E' il 1916, l'Apollo di Veio si è appena risvegliato dal suo sonno millenario
E' il 1916, l'Apollo di Veio si è appena risvegliato dal suo sonno millenario
  Il restauro del tempio ha ricreato con una struttura leggerissima e affatto invasiva quelle che dovevano essere le dimensioni del tempio, consentendo una chiara comprensione della struttura ed anche della localizzazione delle decorazioni.
Il ricchissimo corredo fittile, datata alle fine del VI sec. a.C. era composto di lastre di rivestimento, di affreschi su terracotta per le pareti della cella, di antefisse (ornamento in terracotta dei tetti degli edifici antichi, posto alle estremità delle tegole convesse) a testa gorgonica e a testa di menade, e soprattutto di bellissimi gruppi acroteriali, tra i quali il più famoso è sicuramente l'Apollo.
  Gli acroteri che decoravano il columen (trave centrale) del tetto a doppio spiovente del tempio, come anche le antefisse, sono tutte opere attribuibili ad un'unica bottega, probabilmente quella del famoso artista Vulca, noto dalle fonti latine come artista attivo a Roma nella decorazione del grande tempio di Giove Capitolino, voluto dal re etrusco Tarquinio il Superbo ed inaugurato nel 509 a.C.
 

  Mentre le antefisse hanno semplicemente scopo decorativo e un significato generalmente apotropaico, la scelta dei soggetti degli acroteri mirava ad esaltare il dio Apollo, riproponendo le vicende principali del suo mito. Solo alcuni dei soggetti raffigurati nei gruppi acroteriali sono stati identificati, come quello con la lotta tra Apollo ed Eracle per la cerva Cerinite dalle corna d'oro o quello di Latona con Apollo bambino in braccio, forse in atto di colpire con l'arco il serpente Pitone per scacciarlo da Delfi. Altri episodi del mito, come quello cui apparteneva la celeberrima testa di Hermes, non sono stati chiaramente riconosciuti. La grande piscina (oltre 20 m di lato), costruita in tecnica a blocchi e rivestita di argilla impermeabile, era addossata al lato occidentale del tempio ed al muro di confine e doveva quindi avere una funzione centrale nel culto.
  Nel corso del V secolo a.C. alcune vicende modificarono le sorti dell'area del santuario: il sacello fu demolito, forse perchè non più adeguato alle esigenze cultuali del luogo ed i gruppi fittili furono pietosamente seppelliti a ridosso dei muri settentrionale e occidentale e riscoperti nel 1916.
 

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