Le testimonianze di abitazioni etrusche sono rare.
Gli archeologi hanno sempre preferito scavare le necropoli, molto più
ricche di materiali e di storia e anche più facili da identificare e
portare alla luce. Le città dei vivi sono state esposte alla furia
degli agenti naturali o, nel migliore dei casi, ricoperte dalle
metropoli delle civiltà successive. I pochi casi disponibili di resti
abitativi, le vere fonti dirette delle case etrusche, sono perdipiù
limitati alle fondazioni e a scarsi resti di elementi decorativi.
Ci sono poi le fonti indirette costituite dagli
scritti di autori classici, mai etruschi, che ci forniscono, solo
occasionalmente, qualche dato sulle abitazioni etrusche. Sono ancora
una volta le tombe a darci la maggiore testimonianza, sia pure
anch’essa indiretta, di come fossero le abitazioni etrusche e di come
si siano evolute nel tempo. Si va infatti dalle urnette a forma di
capanna di età villanoviana a quelle a casa con base rettangolare
diffuse dall’orientalizzante all’ellenismo, per arrivare alle tombe a
camera con i tetti a spiovente e trave centrale (columen) che non
possono non essere ispirate alle case in muratura più evolute.
Ricostruzione di capanna villanoviana
La
tomba della Capanna, Cerveteri necropoli della Banditaccia
La Capanna
Nella cultura villanoviana (IX-VIII sec. a.C.)
la casa è una capanna costruita con materiale deperibile: le pareti
sono di argilla ed elementi vegetali tenuti insieme da una serie di
paletti lignei che formano una sorta di armatura oppure di canne
intrecciate rivestite di argilla. A causa della natura del
materiale usato, le parti superstiti recuperate grazie alla ricerca
archeologica si limitano ai fondi e ai fori di alloggiamento dei
paletti di sostegno. Da questi è possibile risalire alla
planimetria e all’organizzazione dei villaggi.
Il pavimento è in terra battuta. La pianta può
essere circolare, ellissoidale o anche rettangolare. All’interno
della capanna il centro era occupato dal focolare in corrispondenza
del quale c’era un foro sul tetto per la fuoriuscita dei fumi e per
l’aerazione. L’arredo doveva essere piuttosto scarso e costituito
da pochi mobili di materiale deperibile mai recuperato. Le capanne
erano disposte probabilmente senza un ordine prestabilito, il
numero degli abitanti del villaggio doveva essere mediamente
qualche centinaio, talvolta anche un migliaio. La sostanziale
conformità tipologica e costruttiva delle capanne che formavano il
villaggio fa pensare ad un certo equilibrio nella distribuzione
della ricchezza derivata essenzialmente dall’attività agricola e
pastorale.
La
tomba dell'Alcova nella necropoli della Banditaccia di
Cerveteri, notare l'imponente trave centrale (columen) che
sosteneva i tetti delle abitazioni etrusche
La
Casa in muratura
Tra la fine dell’VIII e l’inizio del VII secolo in
Etruria si assiste a un forte boom economico con l’affermazione di una
nuova classe di imprenditori che gestisce le attività produttive legate
alle risorse naturali (agricoltura e metalli), cui si affianca un
artigianato specializzato nella metallotecnica e una classe di
commercianti il cui orizzonte di scambio comincia ad andare ben oltre i
limiti regionali. Tale cambiamento sociale è ben documentato nella
tipologia tombale, con il passaggio dai semplici pozzetti per
incinerazione e dalle fosse per la tumulazione dei defunti, alle prime
tombe a camera, destinata ai membri delle famiglie evidentemente più
facoltose. Il corrispettivo in ambito civile è la casa in muratura.
Le testimonianze dirette sono molto scarse e
spesso si trovano ai livelli inferiori di un contesto di scavi che
comprende anche edifici più recenti. I luoghi che hanno contribuito
maggiormente a fornire un’idea della struttura delle case in muratura
etrusche sono Acquarossa, San Giovenale, Marzabotto, Murlo. Buoni
indizi vengono anche dalle fonti indirette: modellini, tombe a camera,
notizie di autori antichi.
Resti di abitazioni
etrusche a San Giovenale
Schematizzazione della tecnica del graticcio con
cui venivano realizzati i muri delle abitazioni