Fra gli amici più stretti del Salvatore, gli
apostoli, colui che ha scritto di più è proprio lui , Giovanni
l’evangelista. Facciamo subito il conto. Sono usciti dalla sua penna: il
IV Vangelo, tre lettere, l’Apocalisse.
Il suo vangelo è il più profondo fra i quattro che ci hanno trasmesso la
vita e insegnamenti del divino Maestro.
Le tre lettere sono le più brevi dell’epistolario cattolico (se si
eccettua quella di S. Paolo a Filemone). Tutte e tre richiamano di
continuo il IV vangelo, per l’insistenza sul primato dell’amore
universalistico cristiano e il modo di elaborarne il materiale.
L’Apocalisse suddivisa in due parti: la prima composta di sette brevi
lettere a rispettive chiese dell’Asia romana, in uno stile che richiama
da vicino le lettere sopra citate, come quelle dense di contenuto
evangelico. La seconda parte, benché compilata secondo gli stilemi
dell’apocalittica tardo giudaica, rappresenta una miniera di messaggi di
sommo interesse per la vita cristiana, ma della quale né Padri della
Chiesa, né dottori come S. Tommaso d’Aquino hanno mai potuto presentare
una chiave di lettura priva di interrogativi.
Giovanni era davvero così giovane, quando si mise al seguito di Gesù?
Molto più degli altri suoi colleghi? Non abbiamo altre prove che quelle
di alcune tradizioni posteriori. Il vangelo non allude ad una sua
famiglia, a moglie e figli, come per Pietro.
Degli altri apostoli sappiamo, forse qualcosa di più? Quando si pensa
che per i rabbini dell’epoca, non mettere su famiglia equivaleva ad un
insulto alla natura, si resta perplessi su questo argomento.
Il noto rabbi Eliezer ben Arcano, di poco posteriore al nostro
evangelista, si permise di paragonare un celibe, cioè chi si rifiuta di
procreare, ad un omicida (b yeb 63b). C’erano, è vero, gli esseni, i
quali preferivano la continenza, osservava Filone. Ma G. Flavio avverte
che si trattava di una minoranza, la quale “spregiava il matrimonio”.
Gli altri sposavano regolarmente (Bell. 2, 120).
Altro dato biografico di Giovanni è che fosse un elemento dolce, quasi
femmineo, press’appoco come lo hanno dipinto un pò tutti gli artisti,
dal Beato Angelico, a Leonardo e Raffaello, giù giù fino a noi.
Purtroppo anche questa opinione è nata da una lettura frettolosa dei
testi evangelici.
Basta fare attenzione al Maestro che chiamò Giovanni e il fratello
Giacomo BOANERGHES, cioè, come suona in aramaico, FIGLI DEL TUONO (Mc3,
17); l’epiteto non può non avere un riferimento personale, cioè al
carattere, al temperamento tutt’altro che da temporeggiatori melensi!
Così lo troviamo meno simpatico, Giovanni apostolo ed evangelista? o non
piuttosto assai più umano, insomma più vicino a quello che veramente
era? Dopo la Pentecoste, davanti alle folle e al sinedrio, sarà capace
di un’audacia inaudita nel proclamare Cristo risorto e assiso alla
destra di Dio, davanti a coloro che lo avevano voluto in croce, appena
poche settimane prima! (segue Giovanni, ali di aquila). |