Le doti di questo autore evangelico sono certamente
gradite ai lettori sensibili, al suo modo di tratteggiare la figura del
Maestro divino.
La gioia pervade ogni parte del dettato di Luca, a partire dal canto
degli angeli sulla grotta di Betlem e prosegue fino alla Risurrezione,
cioè all’annuncio degli angeli alle pie donne e all’episodio dei due
discepoli in cammino verso Emmaus.
In verità tutt’un clima di festa pervade lo scenario del suo vangelo,
dove Cristo è attorniato dalle folle, rapite dal suo annuncio, con i
discepoli pieni di speranza, le donne del suo seguito che trovano in lui
un’attenzione assolutamente estranea al mondo ebraico, i bimbi che
riescono ad avvicinarlo, a saltargli sulle ginocchia per ottenere una
carezza, una benedizione.
Non si tratta di qualcosa di isolato, di pochi momenti irrepetibili, ma
di “gioia grande per tutto il popolo”come, appunto annota Luca stesso(2,
10). Gioia riservata non più al “popolo d’israele (Lc 2, 32)”, come
aveva esclamato il vegliardo del tempio, ma per tutte le generazioni che
si sarebbero succedute sulla terra, nel segno della fede in lui.
Si ha l’impressione che Luca anticipi addirittura i canoni che Luciano
di Samosata(ca 165) stabilirà perfino per uno storico di media levatura:
curare di rendersi accessibile anche a un lettore di scarsa
preparazione, attraverso la chiarezza e la dignità dello stile.
Proprio quello che Luca ha ben presente, subito nello stesso Prologo del
suo vangelo(cf. Lc. 1, 3). Il senso di gioia risulta anche dal fatto che
l’evangelista medico, consapevole di rivolgersi alla prime comunità di
derivazione non giudaica, si dà ogni premura di mediare al lettore
l’impatto con un mondo assai lontano dal suo, con una cultura assai
diversa da quella raffinata del mondo greco-romano.
Luca dunque va letto con piena fiducia, lasciandosi avvolgere e
coinvolgere dalla fede sincera e calda, da cui è preso lui per primo.
Sia che canti l’accondiscendenza di Cristo con tutti, o che ce lo faccia
riflettere sulle acque tranquille del lago, come del resto nel pallore
sereno della morte in croce, egli sa, e lo fa sapere a noi, che il
Figlio di Dio è risorto e non morirà più, perché assiso per sempre alla
destra del Padre, ma ancora a nostro fianco, fino all’ultimo atto della
storia di salvezza.
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