Nella rubrica di un settimanale, a fronte
della descrizione di comportamenti ormai abituali nei "sabati degli
eccessi" musica, droga, sesso, un commentatore, riconosciuto come acuto
nelle diagnosi e nelle terapie, ha scritto parole lucide e penetranti
come lame di acciaio: "Le ragioni di simili comportamenti penso siano da
ricercare innanzitutto nel fatto che non si ha più fiducia nel futuro, e
perciò bisogna vivere in tutta la sua intensità l'assoluto presente. In
secondo luogo sempre meno sono quelli in grado di usare il pensiero e il
sentimento, per cui, peggio dei cerebrolesi, e, se mi è consentita
l'espressione, dei 'cardiolesi', vivono solo di sensazioni, trasformando
il corpo, con cui neppure più si identificano, in un laboratorio di
esperimenti sensoriali ad alta intensità".
Non è una parola presente nei vocabolari, né è un termine di uso
corrente, ma "cardiolesi" - in questa accezione - è una parola in grado
di offrire la chiave ermeneutica di processi psicologici,
socio-culturali e spirituali che costituiscono il tessuto di molte
esistenze e descrivono il contesto di non pochi ambienti di aggregazione
sociale..
"Cardiolesi, da un punto di vista clinico, sono, in realtà, persone che
hanno subìto una lesione cardiaca con conseguente alterazione delle
funzioni affettive e fisiche alle quali va ogni solidarietà e affettuosa
vicinanza. Ma qui non si tratta del "cuore" come organo centrale del
corpo umano. Si tratta di entrare nell'orizzonte del simbolo, dove il
cuore possiede una sua singolarità incomparabile e una insuperabile
valenza di significato. È S. Agostino ad affermare che è il cuore lo
spazio "dove sono chiunque sono", cioè lo spazio della identità, o,
nell'orizzonte biblico, il luogo della profondità stessa dell' essere.
Allora la parola "cuore" sta ad indicare quel complesso di realtà proprie
della persona umana che comprende il mondo emotivo, quello della
percezione, delle valutazioni, delle scelte, del discernere il bene e il
male, insomma tutta quella sfera "metalogica" non raggiungibile dalla
"scienza" né traducibile nei linguaggi del computer.
"La funzione del cuore - ha scritto Teofane il Recluso, un santo monaco
dell'Athos ( + 1894) - consiste nel sentire tutto ciò che tocca la
nostra persona". Esso è il "barometro della vita": tutto ciò che accade
in noi o si produce al di fuori vi lascia una traccia.
Dire "cuore", allora, non è alludere ad un mondo puramente emozionale
dove si naviga tra il sentimento vaporoso e il sogno evasivo. Tutta
l'antropologia e la spiritualità della tradizione orientale vede nel
composto umano tre elementi essenziali così che, mettendo insieme la
terminologia biblica e la speculazione neoplatonica (da Posidonio a
Plotino), giunge a parlare di tre tipi di uomo: quello "sensibile",
quello "razionale", quello "spirituale".
E il "cuore", proprio nell'uomo autentico, rappresenta il "centro
esistenziale", soprattutto nella sua esperienza religiosa. Per questo in
Oriente la preghiera vera è "la preghiera del cuore": basti ricordare
"Racconti del pellegrino russo".
Nel "cardioleso" - per tornare su questo termine provocatorio - tutta
questa interiorità è entrata in crisi, è stata lesionata, è compromessa.
E l'uomo diventa disumano.
A questo punto a nessuno può sfuggire la importanza e la urgenza della
"formazione del cuore".
Lorenzo Chiarinelli - Vescovo di Viterbo |